La mancata nomina del consigliere ticinese Gobbi al Consiglio Federale svizzero della scorsa settimana ha bilanciato quell'amaro in bocca ai lavoratori italiani che recenti iniziative messe in campo contro il lavoro frontaliero avevano provocato.
Come dimenticare quegli offensivi cartelloni stradali sui frontalieri paragonati ai topi (rat)?
Come dimenticare la quota dei ristorni sulle tasse pagate in CH, trattenuta dal governo ticinese in maniera illegittima (l'accordo sul ristorno era infatti un accordo tra nazioni) con i comuni di frontiera impossibilitati ad eseguire opere necessarie o a stilare bilanci di previsione proprio per la mancanza di questi fondi?
O l'argomento che i frontalieri rubano il posto di lavoro agli svizzeri, quando uno studio operato dall'universita' di Lugano ha dimostrato il contrario e che, anzi, per certe mansioni specializzate, e' necessaria la manodopera straniera?
Senza parlare di quella norma (al solo scopo elettorale) che imponeva al lavoratore frontaliero di presentare il certificato penale. Infatti in Italia, eventuali carichi pendenti potrebbero essere registrati nelle oltre 100 procure italiane e non solo in quella di Varese o Como, mentre per le sentenze definitive dopo i 3 gradi di giudizio, in genere ci vogliono anche 10 anni e non tutte le sentenze vengono comunque trascritte sul casellario giudiziario. Questa norma e' stata anche oggetto di un reclamo da parte del governo italiano. Argomento messo sul tavolo durante i colloqui su quell importante accordo fiscale che la Svizzera da anni
stava cercando di portare a termine con il nostro governo.
E come dimenticare l'alta percentuale (68%) di consensi in Ticino al referendum sull'immigrazione di massa? Che pero' portera' ad una chiusura sulla libera circolazione delle persone e delle merci con l'Europa e alla conseguente perdita per la CH di centinaia di miliardi di Pil nei prossimi anni. Questa e' la previsione di ben due studi commissionati dal governo federale a diversi istituti di ricerca.
Non e' stato bocciato il Ticino o l'aspirazione ad avere un rappresentante di lingua italiana al consiglio federale, ma l'ostracismo dimostrato a una visione dei problemi lungimirante e non campanilistica o demagogica.
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